Ogni giorno si registra un incremento allarmante dei casi di Alzheimer, una patologia neurodegenerativa che, progressivamente, conduce alla perdita della memoria e alla dimenticanza delle azioni quotidiane, fino a cancellare completamente tutto ciò che si è vissuto e imparato nel corso della propria esistenza, sia essa lunga o breve.
Cosa distrugge l’Alzheimer?
Ciò che rende particolarmente dolorosa questa malattia, che coinvolge il funzionamento di specifiche aree cerebrali, è la consapevolezza iniziale di chi ne è colpito: all’inizio si percepisce che qualcosa non va, intuendo che potrebbe essere solo il preludio a un lento e inesorabile svanire dei ricordi, fino a dimenticare persino la propria identità e il proprio passato.

Il cervello umano, infatti, è una macchina straordinariamente complessa: sebbene compatto, rimane in gran parte ancora misterioso. Si può paragonare a un computer sofisticato, che però, a differenza di una macchina, non può essere semplicemente ripristinato o riformattato. Questa consapevolezza è fonte di grande sconforto per chi si trova a convivere, direttamente o indirettamente, con l’Alzheimer.
Si tratta di una malattia subdola, che si manifesta spesso in modo improvviso, ma che priva la persona di tutto, poco alla volta, mentre la vita continua apparentemente come sempre. Può capitare, ad esempio, di trovarsi per strada e non ricordare chi si è, smarrendo per qualche istante la propria identità e la direzione da seguire: un segnale che qualcosa sta cambiando.
La memoria non è sempre la stessa
Come accennato, il nostro cervello può essere paragonato a un computer, ma in realtà è una macchina ancora più sofisticata, in senso positivo: attiva solo le aree necessarie in base alle esigenze del momento, mentre le altre rimangono temporaneamente inattive.

In questo scenario, alcune sezioni cerebrali, in particolare quelle deputate alla memoria, sono le più vulnerabili all’attacco dell’Alzheimer, che le danneggia con lentezza e fatica, minando progressivamente l’organo più prezioso per la vita umana. Il cervello, infatti, rappresenta il fulcro della nostra esistenza.
Con l’avanzare della malattia, tutto viene progressivamente perso e, almeno allo stato attuale delle conoscenze, non esiste una cura in grado di arrestare questo declino inesorabile. Sembra non esserci via d’uscita, e la perdita di contatto con la realtà appare inevitabile.
Il primo ricordo che si perde: il più vicino
Uno degli aspetti più angoscianti della diagnosi di Alzheimer è la paura di dimenticare ciò che ci è più prossimo. La memoria a breve termine è la prima a essere compromessa, subendo danni spesso irreversibili, poiché non esistono terapie efficaci per rallentare significativamente il decorso della malattia.

Le esperienze recenti svaniscono: non si ricorda ciò che si è fatto nelle ore precedenti, si dimenticano i nomi delle persone appena conosciute e il contenuto delle conversazioni, sia con amici che con estranei. Tutto sembra dissolversi nel nulla.
La capacità del cervello di immagazzinare nuove informazioni viene meno, rendendo impossibile il controllo delle emozioni e dei sentimenti. Subentra una frustrazione crescente, poiché si diventa gradualmente, anche se inconsciamente, consapevoli dei propri limiti, nonostante la volontà di continuare a vivere pienamente e di non arrendersi.
Ci sono soluzioni?
Attualmente, la ricerca scientifica rappresenta l’unica vera speranza. Sappiamo con certezza che l’ippocampo, una regione fondamentale per la formazione della memoria a breve termine, smette di funzionare correttamente: i ricordi si dissolvono, lasciando solo un senso di vuoto e di disconnessione dalla realtà .

La prevenzione, oggi, è fondamentale: numerosi studi dimostrano che è possibile rallentare il declino cognitivo intervenendo tempestivamente e mantenendo costantemente allenate le aree cerebrali coinvolte nella memoria. Lo stile di vita, quindi, assume un ruolo centrale in questo processo.
L’attività mentale e fisica rimane la strategia più efficace: chi mantiene una vita attiva, coltiva interessi, si impegna socialmente e continua a stimolare la propria mente, può ridurre il rischio di sviluppare l’Alzheimer. Investire sulle proprie conoscenze e sulla salute mentale rappresenta, oggi, la migliore difesa contro questa malattia.