“Cerco talenti
che cadono dal cielo”
ed ho trovato...

NAPOLI-CAPODIMONTE

“SACO'”

di Salvatore Di Fusco e Costanza Velardi

Quando ho bisogno di caricare le mie energie, faccio spesso un salto a Napoli e se poi ho anche bisogno di approfondire qualche cosa sulla ceramica antica, mi reco al “MANN”, al Museo Archeologico Nazionale che è in assoluto il più antico museo costruito in Europa e uno dei più celebri al mondo. Se invece ho bisogno di lezioni di finezza e di splendore, mi allungo al Museo di Capodimonte, dove ammiro le numerosissime opere della Real Fabbrica Ferdinandea di Capodimonte. Questi due famosi complessi, insieme, ne sanno più di Dio, il modellatore d’argilla per antonomasia, perché mentre Dio ha plasmato noi uomini che non raramente sfregiamo, deturpiamo e uccidiamo le infinite bellezze del suo Creato, a Capodimonte tutto è bello, senza alcuna eccezione.

Parlare della ceramica “bucchera” etrusca, di reperti dell’VIII° secolo a. C. e delle preziosità della Real Fabbrica, sarebbe come sminuire tutto ciò che può apprendersi solo con gli occhi. In verità, ho pensato che scoprire un artista della ceramica che sapesse ben rappresentare questi due caratteristici aspetti culturali napoletani, sarebbe stato proprio un bel colpo di fortuna e io confido nella fortuna, specialmente dopo aver fatto un bel “pieno” di Napoletanetà. Ed è stato così che un giorno, dopo essere stato a Capodimonte, ho deciso di ritornare a casa dai Camaldoli, per Pianura, pur allungando il tragitto. Strada facendo, ho scorto una piccola insegna di un laboratorio ceramico, ho parcheggiato e mi ci sono avviato a piedi.

Appena varcato un cancelletto, è come se vi fosse un’aria nuova, inebriante: fiori vividi e zampillanti, limoni profumati, un gatto certosino che si beava all’ombra e tante ceramiche che brillavano sui muri e sui ripiani, all’aria aperta. E tutto ciò, nel caratteristico trambusto di Napoli. Era una vera oasi, una piccola gemma tra gli occhi di Partenope. Seguendo il vocìo, sono arrivato al laboratorio. Alcune belle signore con camici candidi modellavano, altre decoravano. 

C’erano solo due uomini, uno di loro, Salvatore Di Fusco, era di spalle e curvo sul lavoro di sua moglie CostanzaSalvatore e Costanza, insieme, hanno dato vita a “SACÒ” oltre 20 anni fa, dopo aver sperimentato e ricercato per oltre sedici anni i segreti della ceramica appena usciti dalla famosa Scuola di Capodimonte.

Mi sono guardato intorno. Tutte le creazioni mi raccontavano con i loro significati qualcosa di inedito: chi una storia, chi una leggenda, chi una formula magica, chi una perla di saggezza e chi mi poneva, invece, di fronte ad un enigmatico nesso antropologico, magico o sacro.

Ogni forma trasmetteva l’essenza di un simbolo dai molteplici profondi significati e ogni colore, ne definiva la sua potenza: mascheroni neri, policromi, croci di forme diverse, raffinatissime acquasantiere istoriate, sagome di San Gennaro con il Vesuvio sul cuore, polipi scintillanti e dinamici, uova che recavano un segreto come quelle “Fabergé”, amate dagli zar e dai reali d’Europa.

Mi sentivo come preso dalla Sindrome di Stendhal, la sindrome della bellezza, e mi sono ripreso appena mi è stato offerto un bicchierone di fresco succo di limoni appena colti dalla pianta. Salvatore Di Fusco, al pari di un antico alchimista, mi ha spiegato come ricavare il colore dalle terre senza dipingerle, le caratteristiche di alcuni tipi di terre e minerali che utilizza ma anche delle sue ricerche sugli smalti e sulle cotture, dalla fumigazione del bucchero alle tecniche raku

 

Avevo finalmente trovato quella persona, quell’artista, quell’alchimista capace di esprimere le “armoniose contraddizioni” della singolarissima cultura napoletana rappresentate nelle maschere nere e rosse, nelle vivaci ampolle di profumo caprese e in tante altre cose che erano la prova provata della coniugazione e declinazione dell’autentica e contrastante cultura napoletana.

Sono stato davvero fortunato, perché ho conosciuto in effetti un verace filosofo napoletano della ceramica che oltre a “pensare” per sé, pensa anche per altri e, come ogni buon napoletano che ama trasferire il suo sapere agli altri, impartendo con interesse lezioni ai giovani ceramisti presso il suo laboratorio-oasi. Per quel che ho appreso e visto, Napoli è anche la Capitale dell’Arte della Terra. Che bella giornata!
Matteo Autunno